di Rossano Faltoni
Parliamo, data l'attualità, di obiettivi radioattivi. Proprio cosi, a volte inconsciamente ci potrebbe capitare tra le mani un vero e proprio emettitore di radiazioni, specialmente se siamo appassionati collezionisti di vetri d'epoca. Vediamo di essere più chiari su cosa sono queste "hot lenses".
Le origini dell'emissione sono essenzialmente due: la contaminazione per permanenza in ambiente radioattivo e l'impiego di isotopi attivi nel processo di fabbricazione , il primo caso è quantomeno sporadico, ed è piuttosto raro che possa capitarvi fra le mani un'ottica d'occasione precedentemente contaminata, a meno che non capiti di prelevare qualche lente da veicoli che hanno operato in zone di guerra.
Veniamo senza indugio alla fonte primaria di radiazioni: l'utilizzo di materiali radioattivi nella costruzione dell'ottica; i principali elementi imputati sono sostanzialmente quattro: TORIO , LANTANIO , CERIO ed URANIO .
Il lantanio e il cerio di per se non sono radioattivi, però i composti da cui si ricavano contengono isotopi che a volte finiscono nel crogiolo assieme alle terre rare.
Il torio presente nei vetri dopo 6 anni comincia a decadere ed emettere raggi gamma,(di bene in meglio), ma il bello che per avere un percettibile decadimento bisogna aspettare solo 10 anni alla 10^ potenza per dimezzare la sua radioattività.
L'ossido di Torio fu impiegato a partire dal secondo conflitto mondiale poiché modifica sostanzialmente il numero di Abbe del vetro col quale è miscelato più alto è il numero, minore è la dispersione del fascio luminoso rifratto: in pratica il Torio contrasta la caratteristica del vetro ottico rifrangente ,curvo, di disperdere il raggio di luce bianca incidente in uno spettro, ovvero va a contrastare la formazione di frangiature di colore e aberrazioni varie.
In questo caso l'ossido di torio si comporta come la fluorite, aumentando la nitidezza di una immagine. La necessità di impiegare l'ossido di torio è venuta in tempo di guerra per equipaggiare le lenti degli aerei di ricognizione che necessitavano oltre che di una notevole nitidezza, anche di una notevole correzione, in quanto venivano spesso usate emulsioni infrarosso o lenti rosso scure d'avanti per contrastare la foschia.
Il classico tessar era lo schema più adatto per questi obiettivi grazie alla sua semplicità schematica, aveva pochi passaggi lente-aria nel tragitto che la luce faceva prima di impressionare la pellicola. Purtroppo, il tripletto modificato tipo Tessar presenta un vistoso calo di MTF nel campo del rosso, proprio quello che andava acromatizzato, cioè ottimizzato per l'impiego con filtri di contrasto nell'aerofotografia.
Utilizzando il nuovo vetro al Torio nell'ultima lente si otteneva un miglioramento del contrasto, l'eliminazione delle varie aberrazioni, un notevole aumento della definizione, famoso in questo caso è l'Aero Ektar . Il secondo elemento contaminante, il LANTANIO , aumentava, anche esso, sensibilmente l'indice di rifrazione dei vetri cui era miscelato, aprendo nuove strade a calcoli ottici più arditi e migliorando la correzione di ottiche già esistenti , la Kodak stessa che possedeva vetrerie proprie ne fece largo uso nel corso degli anni.
Sebbene il Lantanio non fosse di per se altamente radioattivo, nella sua lavorazione, dato che si ricava dalla monazite (La monazite è una miscela dei seguenti minera Monazite-(Ce) Monazite-(La) Monazite-(Nd) Monazite-(Sm) ), è molto difficile separarne gli isotopi radioattivi, quindi anche se in maniera minore rispetto al torio, i vetri che contengono lantanio appartengono alla categoria delle lenti calde, alcuni di questi nomi di obiettivi storici a qualcuno suoneranno familiari: Elmar 50/2,8, ummilux-R 50/1,4 , Noctilux , per citarne alcuni.
La caratteristica che salta agli occhi di queste lenti, (al Torio), è il progressivo ingiallimento del vetro trattato, sintomo dell inizio del processo di decadimento. Comunque va precisato che i produttori non perseguivano la costruzione di vetri radioattivi, piuttosto, questa, era una conseguenza di un processo di lavorazione-raffinazione non perfetto.
Largo utilizzo del lantanio quindi ne ha fatto la Leitz, dagli anni 50 in poi è stato un fiorire di progetti ottici arricchiti da questi vetri, dato che garantivano un alto indice di rifrazione ed un basso indice di dispersione. Anche la canon, con il suo superluminoso 50/0,95 utilizzava vetri ad altissima rifrazione al Lantanio, scelti come compromesso per ridurre in parte l'aberrazione sferica, altrimenti una lente asferica del diametro di 72mm, per l'epoca avrebbe avuto costi altissimi.
Il pentax smc takumar 50/1,4 presentava tracce di radioattività nella lente posteriore addirittura dovute alla presenza di uranio!
Con questo non voglio creare allarmismi di sorta in quanto, anche se qualcuno è in possesso di hot lenses, perché la soglia di radioattività divenga seriamente pericolosa occorre una esposizione costante calcolata in circa quattro mesi, vale a dire che uno dovrebbe vivere con l'obiettivo attaccato addosso, mentre lenti più moderne sono state realizzate utilizzando altre soluzioni molto meno "calde"
Questo articolo è tratto in parte dall' articolo "hot lenses" redatto da Marco Cavina.
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